Meglio il tappo in sughero o quello a vite? Sughero, rispondono i nostalgici: vuoi mettere, l’antico gesto del cavatappi? Il rito dell’apertura, l’inconfondibile suono: e quel fiutare subito il turacciolo, per rilevarne gli eventuali sentori sgradevoli. Ecco, appunto: l’odore di tappo. Ovvero: le muffe che hanno colonizzato il sughero. Un guaio, da quando la richiesta di vini in bottiglia ha superato la crescita naturale delle querce da sughero. E allora? Tappo a vite, risponde la Marchisio Family, senza esitare. Tappo a vite, ora e sempre: e non solo per evitare quel temuto, fastidioso inconveniente.

Ormai – spiega Sergio Marchisio – la tecnologia ha fatto passi da gigante: per fortuna. I nuovissimi tappi a vite ecologici? Perfetti, grazie alla loro speciale membrana: polimeri vegetali. Permettono una traspirazione ottimale, come nel caso del sughero. Il vino evolve nello stesso modo, assorbendo lentamente l’ossigeno. Primo risultato: nessuna bottiglia saprà di tappo, mai più. Ma non è tutto, aggiunge Sergio: «Solo con il tappo a vite si raggiunge un altro risultato, non secondario: la stabilità assoluta del prodotto. La sua uniformità, a garanzia del consumatore. Le etichette della stessa annata avranno tutte le medesime caratteristiche, olfattive e gustative».

Ecco il punto, infatti: «Con il tappo in sughero, bottiglie diverse del medesimo vino (stessa vendemmia) possono comunque differenziarsi, per accenti: dipende proprio dal sughero. Tappi che magari provengono da diverse partite. Questo problema, invece, con il tappo a vite non esiste proprio». Obiezione: e per i vini che necessitano di lungo affinamento? Sorride, Sergio Marchisio: «I tempi sono cambiati. Oggi il mercato offre tappi a vite con 8 diverse tipologie di porosità. E si garantiscono fino a trent’anni di invecchiamento armonico, equilibrato: esattamente come per il sughero, ma senza i rischi del sughero».

Una specie di rivoluzione? Esatto. Sbarcò a Vinitaly giusto dieci anni fa, con i primi esemplari di tappo a vite green. «Una chiusura ottenuta da polimeri a base vegetale derivati dalla canna da zucchero», scriveva il “Sole 24 Ore”. Tappi di nuovissima generazione, «a zero impatto ambientale, senza emissione di anidride carbonica». Nel 2013, annotava il quotidiano, i due terzi del vino imbottigliato erano ancora appannaggio dei tappi in sughero. A seguire: il tappo agglomerato Diam (e persino un 15% di chiusure in silicone, per le bottiglie di bassa fascia). La capsula metallica a vite era agli albori, per il vino di qualità: ma aveva i requisiti per conquistare il futuro.

Proprio di quello – il futuro – si occupa incessantemente la Marchisio Family, biologica e biodinamica. La prima a sperimentare certe delizie: bollicine di Arneis, Nebbiolo in anfora. Una cantina a impatto zero, largamente alimentata dal fotovoltaico. La membrana del tappo a vite, in polimero vegetale? Nel solco della medesima filosofia: innovare regolarmente, cercando la minore impronta ecologica possibile. Ultimo traguardo: il packaging, interamente riciclabile. Filosofia, appunto: non avere mai paura di cambiare. Anticipare i tempi, restando fedeli a stessi: per offrire il meglio, sempre.

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