«A parità di alcol, si può notare che al palato un vino biodinamico propone una lettura della sua alcolicità totalmente diversa rispetto a quella di un vino convenzionale». Lo sostiene Olivier Poussier, eletto “miglior sommelier del mondo” nel 2000, parlando di percezioni organolettiche. «Tutto questo – rivela Poussier – si spiega per una migliore integrazione dell’alcol, per una migliore acidità, per la bevibilità del vino». Il grande sommelier parla del vino «che non è costruito sul centro-bocca, sulla grassezza e sulla ricchezza, bensì sulla persistenza e sulla lunghezza». Secondo Poussier, «la biodinamica permette di fare dei vini che hanno un grande “allungo”, un po’ come accade nel caso dell’affinamento in legno: alcuni vini diventano più dolci, e altri si strutturano». Aggiunge l’esperto: «La biodinamica struttura il vino e rinforza il finale, e quindi ci regala dei vini che hanno una maggior vibrazione, un’energia particolare».
Le parole di Poussier sono musica, per le orecchie di Sergio Marchisio, abituato a regolare la vita dell’azienda – vigne e cantina – sulla base dei “calendari biodinamici” di Rudolf Steiner, che dividono i giorni (secondo gli influssi cosmici) in “giorni radice”, “giorni fiore”, “giorni foglia” e “giorni frutto”. Sorride, Sergio: «La biodinamica esalta in modo naturale il collegamento tra cielo e terra». Contano le stagioni, la luce, l’acqua e il clima, ma anche la dimensione (invisibile) delle vibrazioni, attraverso le quali la materia si esprime. «Se non ne fossi convinto, non avrei intrapreso con il dottor Emilio Terziano gli esperimenti per tenere lontana la flavescenza attraverso le emissioni dei cristalli di quarzo». C’è un mondo vibrante, attorno a noi. Se poi parliamo del vino, che come nessun altro prodotto sa raccontare il meglio della sua origine, allora questa “risonanza” si sente anche nel bicchiere: non poteva non accorgersene, un maestro assoluto come Olivier Poussier.