Siccità record e clima impazzito? Ne sanno qualcosa i produttori di vino. Uno può pensarla come Greta, incolpando cioè le emissioni termiche umane. Oppure – come suggeriscono alcuni scienziati, tra cui Premi Nobel – conviene puntare il dito contro l’aumentata attività solare. Alla fine però il risultato non cambia: estati torride e senza pioggia. Quindi: vini più alcolici. E viti “stressate” dal gran caldo. Che fare? Sicuramente, è il caso di inventarsi qualche rimedio. Lo afferma, sui giornali, anche l’enologo Alessandro Ceretto, portavoce della storica casa vinicola di Alba.
Il problema è mondiale: in Argentina – dice Ceretto – oggi si può impiantare un vigneto solo se il terreno è dotato anche di un pozzo per i periodi di siccità. Conferma Fabio Marchisio: nell’estate 2022 sarebbe stato fondamentale poter attingere a bacini idrici. «Il guaio è che da noi non ci sono: nessuno aveva finora considerato questa opportunità. Esistono nel Sud Italia: e infatti si rivelano preziosi, per l’irrigazione di soccorso». Sarebbe ora di mettere in cantiere il progetto? Piccoli specchi d’acqua sulle colline: serbatoi provvidenziali in caso di grande sete.
Se prima si sfogliava il vigneto, dice lo stesso Ceretto, ora si cerca di ombreggiare i grappoli per proteggere il raccolto. Altra soluzione, dove possibile: “spostare” le vigne, prediligendo l’esposizione a est. Il sole è quello del mattino, l’aria resta più fresca. Invece, sui versanti esposti a ovest «il sole arriva nel pomeriggio e fa caldissimo, da marzo a settembre». Il calore, ricorda Ceretto, incide anche sull’evoluzione dei rossi destinati all’invecchiamento: vini “bellissimi” subito, ma che poi rischiano di sembrare “stanchi”, nel giro di qualche anno.
Un aspetto, questo, che la Marchisio Family accusa molto meno. Anche perché il biodinamico attenua decisamente la percezione alcolica. E soprattutto perché la vinificazione in anfora garantisce una freschezza strepitosa: il vino evolve senza mostrare rughe, restando giovane persino quando è maturo e avanti con gli anni. «Anche sotto questo profilo – dice Sergio Marchisio – siamo contenti della nostra scelta strategica: biodinamico e anfora ci mettono al riparo da determinati rischi, oltre a offrire prodotti enologicamente eccellenti».
Dal canto suo, Alessandro Ceretto riepiloga giustamente un po’ di storia piemontese: «Quando il caldo ci ha permesso di avere vini più alcolici, per noi fu una manna: perché arrivavamo da anni di pioggia». In vigna, dice, l’anno zero è stato il 1996. «Ci siamo accorti che il clima era cambiato: prima era difficile avere vini con gradazione alcolica molto alta». Ora invece la situazione si è capovolta: diventa difficile contenerli sotto i 14 gradi. «Il caldo innalza il contenuto zuccherino, di conseguenza l’alcol. E i vini di oggi sono profondamente diversi, rispetto a quelli di vent’anni fa».
Naturalmente, non manca il bicchiere mezzo pieno: «Il fatto che piova meno è anche un lato positivo: perché riduce il rischio di muffe». Basta che poi la pioggia non si scateni in modo torrenziale, per non parlare della grandine. Tutto vero. Ma anche qui, i Marchisio si difendono da par loro: «La gestione “green” del vigneto è di per sé una garanzia. I trattamenti previsti dal biologico (e dal biodinamico) irrobustiscono molto le viti. Le nostre non hanno quasi più bisogno neppure di rame e zolfo: bastano gli olii essenziali, arancia e rosmarino». Certo, l’orizzonte climatico resta incerto. C’è davvero da pensare a qualcosa di lungimirante. Come le raccolte d’acqua, pronto uso, a due passi dai filari.