Arneis in anfora, l’ultima scommessa di Sergio Marchisio: un bianco speciale, che si lasci apprezzare anche tra 6-7 anni

Sta per arrivare l’ennesima sorpresa, destinata agli amanti dei vini della Marchisio Family: un Arneis vinificato in anfora. Ne parla con emozione, Sergio Marchisio, nei giorni in cui – finita la vendemmia e terminate le prime fasi della vinificazione 2020 – la cantina si prepara a imbottigliare i rossi dell’annata 2019. A finire in bottiglia saranno il Pinot Nero (il primo Pinot Noir prodotto in anfora nel Roero) e l’altro rosso “pioniere” dell’anfora, il Nebbiolo d’Alba Valmaggiore, di cui Decanter ha appena premiato l’etichetta 2016. «Credo nelle potenzialità dell’anfora di ceramica», dice Sergio Marchisio: «Svolge lo stesso “lavoro” della barrique, ma ovviamente non rilascia i sentori del legno che possono alterare l’equilibrio olfattivo e gustativo del vino, assaporato in purezza». Di anfore, Marchisio se ne intende: il suo Valmaggiore, biologico e biodinamico, è stato in assoluto il primo Nebbiolo interamente vinificato e affinato in anfora. Risultato: un rosso importante, ampio e profondo, esplosivo nei profumi ma al tempo stesso “sempreverde”, di estrema bevibilità. E ora, lo stesso esperimento riguarderà nientemeno che l’Arneis, il bianco che è divenuto un simbolo della viticoltura del Roero.

«A essere imbottigliate – spiega Sergio – saranno per ora 1.000 bottiglie». Una sorta di test: «Tra sei mesi, potremo valutare i risultati di questa nuova avventura». L’obiettivo dichiarato è ambizioso: «La scommessa è questa: fare dell’Arneis un bianco longevo, che possa crescere con il tempo ed essere apprezzato anche dopo 6-7 anni». La formula parte da certezze acquisite: niente chimica, lieviti autoctoni e terreni irrobustiti anno dopo anno dalla fertilità garantita dalla lavorazione biodinamica, che rende le viti più robuste e più capaci di esprimere il meglio dei terreni, peraltro vocatissimi. L’anfora? Diventa una marcia in più, garantendo al vino una freschezza impareggiabile. Merito della micro-ossigenazione assicurata dalla ceramica, che protegge il vino – in modo morbido – da qualsiasi stress, lasciandolo però “respirare” nel modo giusto. «Recuperando l’antica sapienza della vinificazione in anfora, originaria del Caucaso (la terra dove il vino è nato), sono voluto tornare alle radici di quest’arte, lasciando che il mio vino si esprima in assoluta libertà».

A sottolineare la vocazione “alchemica” della produzione naturale, le anfore della Marchisio Family – appoggiate su piedistalli a forma di triangolo – sono contrassegnate dal simbolo antichissimo dell’Uroburo, il serpente che si morde la coda, avvinghiato attorno a un uovo. «L’anfora stessa, in fondo, è protettiva come un uovo: il contenitore che dà origine alla vita». Magia dei simboli: la ciclicità della vita. «Nell’anfora, il “prodigio” della vinificazione si riproduce in modo praticamente perfetto». E’ qualcosa di ancestrale, che si trasmette anche al vino: una sorta di memoria gustativa, veicolata dalla speciale energia biodinamica dell’acqua dinamizzata che viene aspersa nei filari, dando vita a grappoli speciali, carichi di profumi. L’alchimia, poi, si completa in modo formidabile proprio grazie ai contenitori di ceramica. Un futuro formato anfora, dunque. E dopo il Nebbiolo e il Pinot Nero, ora tocca all’Arneis: «Una parte del nostro Arneis resterà in acciaio, mentre una quota della produzione potrebbe davvero essere realizzata in anfora», conferma Sergio. «Decideremo tra sei mesi, assaggiando le bottiglie che ora metteremo da parte». La missione non cambia: far vincere il vino, sempre, lasciando che “parli” la sua lingua meravigliosa e piena di espressioni emozionanti.

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